Old New York City Project


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Re, Kaiser e Regina

Welcome in NY > I Transatlantici

Le storie che coinvolgono navi, New York e cartoline potrebbero continuare all'infinito. Prima di arrivare ai moli ed iniziare così l'esplorazione della City è il caso di dare spazio ad altri tre grandi vascelli, nobili sin dal nome, che hanno dato lustro alla storia del Blue Riband e fatto sognare sia i loro passeggeri che l'intera città.

I rimorchiatori accompagnano la Kaiser Wilhelm II nel porto di New York. Cartolina del 1906.

Kaiser Wilhelm II

La storia della Kaiser Wilhelm II è quella di una nave che non ce l'ha fatta.
Tutte le nazioni d'Europa e le loro grandi compagnie navali hanno avuto come obiettivo quello di primeggiare nell'Atlantico. A questo desiderio non rinunciò la Germania che già prima del 1900 fece costruire dalla
Norddeutscher Lloyd il primo transatlantico a quattro fumaioli, il Kaiser Wilhelm Der Grosse del 1897, seguito da altre navi importanti come la Deutschland della Hamburg America Line e la Kronprinz Wilhelm che conquistò il nastro il 16 settembre del 1902. Quest'ultima, sempre della Norddeutscher Lloyd, fu un grande successo commerciale, ma fallì sotto l'aspetto che stava più a cuore alla nazione, la velocità, tanto che la "vecchia" Deutschland si riprese il nastro nel 1903 dopo averlo conquistato la prima volta nel 1900. Il boom dell'emigrazione era tale che la compagnia ne approfittò per mettere in cantiere una nuova nave simile alla Kronprinz, ma con interni rinnovati e qualche nuova soluzione tecnica.

Il 12 agosto del 1902 la nave allestita nei cantieri Vulkan di Stettin, La Kaiser Wilhelm II, 216 metri per 19.361 tonnellate, prese il mare con i suoi quattro fumaioli divisi in coppie, soluzione divenuta un marchio distintivo delle unità tedesche. Otto mesi dopo, il 14 aprile del 1903, era pronta per il viaggio inaugurale da Brema verso gli USA. Imponente e sontuosa, con gli interni disegnati da Joannes Poppe, ricchi di marmi lavorati e di legni pregiati, la nave aveva entusiasmato la nazione. Tra gli addetti ai lavori c'era però il sospetto dietro il fascino del nuovo scafo si celasse ancora qualche problema di velocità. Sospetto che si rivelò fondato. I 23 nodi di media tenuti in navigazione non furono sufficienti a superare la Deutschland, vascello del secolo precedente. A rendere più pesante la sconfitta si aggiunsero le pesanti vibrazioni che accusava la nave ogni volta che i motori venivano spinti al massimo.
Tornata in patria, la
Kaiser Wilhelm II tornò in cantiere, dove le vennero sostituiti i motori. C'era spazio per un nuovo tentativo. La navigazione era molto più confortevole e silenziosa ma, anche stavolta, la traversata Westbound fu un fallimento. A parziale consolazione il Kaiser Wilhelm II conquistò il meno ambito primato del ritorno in Europa (traversata Eastbound) il 20 giugno del 1904, ma la sua carriera proseguì senza conquistare mai l'arrivo vittorioso negli Stati Uniti.
La bella cartolina del 1904 che la ritrae all'ingresso del porto di
New York, non ne riporta il nome sulla dicitura, che si limita ad indicare una generica "vista del porto" (Harbor Scene, New York"). Per individuarla è necessario uno sguardo attento sulla prua della nave dove è possibile, magari con un buon paio d'occhiali, riconoscerne il nome.
La
Kaiser Wilhelm II non solo non conquistò mai il nastro a Manhattan per i colori della bandiera tedesca, ma nel 1917, con l'ingresso degli USA nella prima guerra mondiale, venne requisita, rinominata Agamennon, e inviata a combattere i suoi creatori trasportando le truppe degli alleati verso l'Europa.
L'Agamennon affrontò nel periodo bellico collisioni e semiaffondamenti e, dopo il conflitto, venne utilizzata per i rimpatri sino al 1920 per poi cadere nel dimenticatoio, ormeggiata nel fiume
Patuxent sino al 1940.
A farle compiere un ultimo viaggio, verso
Baltimora, prima che gli Usa entrassero un'altra volta in guerra, fu la ditta di recupero Boston Iron & Steel Metal Co. che si occupò della sua demolizione.

Il Rex

L'Italia fino agli Anni 30 non manifestò un particolare interesse nella costruzione di navi transoceaniche in grado di competere per il Blue Riband. Sotto l'aspetto commerciale i grandi armatori inglesi Cunard e White Star e quelli tedeschi Norddeutscher Lloyd e Hamburg Amerika, soddisfacevano ampiamente la richiesta dei passeggeri in cerca di imbarco sulle ocean liner. A cambiare lo stato delle cose intervenne la situazione politica nazionale, caratterizzata in quegli anni dal regime di Benito Mussolini. Il dittatore, aldilà delle convenienze economiche, aveva tra gli obiettivi quello di dimostrare all'Europa la grandezza dell'Italia e della sua Marina.
Una delle prime azioni fu quella di fondere le tre compagnie nazionali in una, con sede a Genova, nominata
Italia Flotte Runite, poi Italia Società di Navigazione, nota all'estero come Italian Line, per dare via a progetti navali con l'imperativo di

Il transatlantico Rex. Cartolina ufficiale distribuita dalla compagnia di navigazione Italia.

Il transatlantico Rex. Cartolina ufficiale distribuita dalla Compagnia di Navigazione Italia.

sorprendere il mondo della navigazione per velocità e dimensioni. Ai cantieri Ansaldo di Genova venne commissionato il Rex mentre il Conte di Savoia, fu costruito a Monfalcone ma, tra le due, era il Rex quello costruito e preparato per la conquista del nastro a New York.
Il 27 settembre del 1932 tutto era pronto per il viaggio inaugurale che, pur non registrando il tutto esaurito, aveva raccolto un buon successo commerciale con 1872 passeggeri prenotati su 2358 disponibili. Le prime ore di navigazione furono incoraggianti, la media era elevata e la nave rispondeva alle aspettative.
Poi, l'imprevisto. Un guasto tecnico costrinse il
Rex ad ormeggiare a Gibilterra, dove rimase per tre giorni, mentre decine e decine di passeggeri decisero di disdire la prenotazione e presero il treno per la Germania dove si sarebbero reimbarcati per l'America a bordo della nave tedesca Europa.
La scelta non si rivelò molto indovinata poiché, con loro grande sorpresa, arrivati a
New York videro il Rex già ormeggiato. La nave italiana, nonostante una partenza non proprio entusiasmante, aveva comunque dimostrato di avere le carte in regola.

Il guasto aveva sorpreso un po' tutti, perchè i progettisti avevano lavorato molto alla parte tecnica, tradizionale ma efficiente, più che sulla ricercatezza degli interni. Cabine eleganti, bei saloni anche se non favolosi, il Rex non era un colosso del mare, per dimensioni era all'ottavo posto tra le ocean liner, ma era un esempio di stile ed efficacia. Nel 1933, il C.te Francesco Tarabotto riuscì a dimostrarlo con l'ingresso trionfale a New York.

Il Rex, prima e unica nave italiana a conquistare il Blue Riband, entra nel porto di New York City il 16 agosto del 1933.

Il Rex, prima e unica nave italiana a conquistare il Blue Riband a New York City il 16 agosto del 1933.

Il molo all'altezza della 46esima strada era pieno di emigrati italiani in festa a salutare e il Rex che si fregiò di un nastro azzurro lungo ventinove metri, con un nodo per ogni metro a ricordare la velocità mantenuta nell'impresa, regalo del cap. Giorgio Parodi dell'aeroclub di Genova.
Con scaramanzia tutta italiana, ai 1.138 passeggeri ospiti a bordo non era stato annunciato che si navigava per il record.

La presenza di nebbia, inoltre, aumentò la tensione nel comando di bordo. Gli ufficiali avevano il compito di aggiornare due volte al giorno via radiotelefono il ministro delle comunicazioni Costanzo Ciano che, a sua volta, riferiva personalmente al duce.
Finalmente, nonostante la nebbia e le condizioni meteo non ottimali, alle 4.40 di mattina del 16 agosto 1933 il faro di
Sandy Hook era stato doppiato. La gioia esplose a bordo e la sfortuna (e la brutta figura) del primo viaggio era già dimenticata.
Il
Rex conservò il primato per un paio d'anni fino a quando le 71.000 tonnellate della S.S. Normandie spinte dalle turbine elettriche non sfiorarono i trenta nodi di media nel 1935.
Il transatlantico italiano non ebbe mai un grande successo commerciale e, come nel giorno del record, le prenotazioni di media coprivano all'incirca la metà della disponibilità. La perdita del primato peggiorò la situazione. Il
Rex e la sorella Conte di Savoia continuarono il loro servizio senza particolare clamore sino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Per proteggere le due ammiraglie durante il conflitto, fu decisa la loro sosta nei porti nazionali. ll Rex ormeggiò a Trieste, dove rimase sino al 5 settembre del 1944 quando, durante uno spostamento verso la costa slovena fu attaccata dai bombardieri inglesi della Raf.
Sulle motivazioni dello spostamento e di quell'attacco è stato detto e scritto molto (doveva autoaffondarsi in rada su ordine dei tedeschi per bloccare l'ingresso al porto di
Trieste? Stava cercando rifugio sul litorale sloveno per nascondersi agli alleati? Fu una sorta di "vendetta" trasversale di tedeschi e inglesi contro il vascello italiano, reo di aver strappato a entrambi il nastro azzurro?). Interrogativi, più o meno fantasiosi, che ancora oggi generano dubbi. Resta il fatto che, dopo quattro giorni di fiamme, l'avventura del Rex era finita.

R.M.S. Queen Mary

L'industria navale britannica ha scritto gran parte della storia della navigazione moderna. Dalla S.S. Great Britain di Isamabard Kingdom Brunel in poi, tutti i mari hanno visto sventolare le bandiere del Regno Unito in lungo e largo.
Il dominio inglese, complice il crollo della borsa di
Wall Street del 1929 dove erano quotate le maggiori compagnie armatrici britanniche, iniziò a vacillare negli anni '30 quando tedeschi, francesi e italiani iniziarono a conquistare e a contendersi il Blue Riband.
Armatori storici quali
White Star e Cunard avevano le casse vuote e i progetti di nuovi transatlantici erano costretti a rimanere tali o ad essere bruscamente interrotti. In particolare ce n'era uno della Cunard, il cui nome in codice era "Scafo 534", che giaceva nei cantieri John Brown di Glasgow a riempirsi di ruggine, mentre la francese Normandie organizzava le serate di gala nel porto di New York.

!936. La Queen Mary entra nel porto di New York. Cartolina di produzione americana di tipo linen.

1936. La Queen Mary entra nel porto di New York. Cartolina di produzione americana di tipo linen.

Non restava che sperare nell'aiuto del Governo, come già accadde in passato nel caso di Lusitania e Mauretania. Anche stavolta le istituzioni di Sua Maestà non si tirarono indietro, offrendo un prestito a lungo termine necessario alla ripresa e conclusione dei lavori.
Lo scafo era in condizioni pietose ma i lavoratori inglesi, spinti anche dall'orgoglio nazionale, lo rimisero in ordine in cinque mesi.
La nave, lunga più di 311 metri per 81.000 tonnellate di stazza, la più lunga mai costruita in
Inghilterra, avrebbe avuto il primo contatto con l'acqua nel settembre del 1934, ma mancava ancora una cosa. Il nome.

Cartolina inglese della Queen Mary.

I vertici della Cunard avevano deciso, dopo lunghe riflessioni, per quello di Queen Victoria, in omaggio alla celebre regina del XIX secolo.
Due dirigenti della società, sir
Percy Bates e sir Ashley Sparks, erano stati incaricati di informare Giorgio V, all'epoca Re d'Inghilterra, dell'intenzione da parte della compagnia di dare il nome della regina Victoria al transatlantico. Il Re, come da protocollo, avrebbe dovuto dare formalmente il suo assenso.
Ricevuti a palazzo, fu sir
Ashley Sparks a prendere la parola, dicendo al sovrano che "la Compagnia Cunard ha l'onore di infomarla che la nostra nuova nave avrà il nome della più grande Regina d'Inghilterra". Il Re, non si sa - e mai si saprà - quanto deliberatamente, fraintese la proposta e rispose "mia moglie ne sarà onorata".
A quel punto i due dirigenti non ebbero il coraggio di dire al
Re che la regina era quella di un secolo prima e non l'attuale Mary.
Così, il 26 settembre 1934, la regina Mary ruppe una bottiglia di ottimo vino australiano sulla chiglia della scafo che portava il suo nome.

Questo aneddoto, più volte definito di fantasia nelle dichiarazioni ufficiali della compagnia ha avuto un riscontro in una testimonianza del 1988 di Eleanor Sparks, figlia del dirigente della Cunard protagonista della vicenda.
Ad ogni buon conto, la nuova regina inglese dei mari era stata varata.
La linea, molto più tradizionale della concorrente francese, esprimeva l'animo conservatore dell'
Inghilterra. Gli interni lussuosi, ricchi di legni pregiati provenienti da ogni parte dell'impero, erano meno appariscenti e artistici della Normandie ma offrivano comunque un ottimo comfort agli oltre 2.100 passeggeri.
Il cuore della nave era un motore in grado di sviluppare una potenza costante di 160.000 cavalli per 30 nodi di velocità con possibilità di spingersi sino ai 200.000 cavalli e 32 nodi in caso di necessità.

Il glamour non apparteneva alla Queen Mary, ma la sostanza c'era tutta. Saloni d'ingresso, le cabine e le suite, la passeggiata con i negozi di lusso, la sala fumatori e la veranda grill con la sala da ballo, ogni ambiente era all'insegna della sobrietà se non dell'austerità. Il locale più vivace era quello della sala da pranzo di prima classe, con tavoli da due o quattro persone e una grande mappa dell'Oceano Atlantico sulla parete di fondo sula quale osservare la posizione della nave durante la navigazione.
Il 1 luglio del 1936, quasi due anno dopo il varo, la nave era pronta a partire da
Southampton per New York per cercare di riportare il Blue Riband in Inghilterra. Le premesse c'erano tutte, ma vennero disattese. La nebbia contrastò la navigazione della Queen Mary per oltre due terzi della traversata e il primato della Normandie rimase imbattuto per soli 38 minuti.
La seconda volta fu quella buona. Il 30 agosto del 1936 l'ammiraglia inglese passò la nave faro
Ambrose dopo tre giorni, 23 ore e 57 minuti scendendo, per la prima volta nella storia del trofeo, sotto i quattro giorni di navigazione.

La Queen Mary conclude a New York il suo viaggio inaugurale il 5 luglio del 1936.

La Queen Mary conclude il suo viaggio inaugurale il 5 luglio 1936.

La Queen Mary in allestimento bellico entra nel porto di New York City il 17 luglio del 1944.

La Queen Mary in allestimento bellico entra nel porto di New York City il 17 luglio del 1944.

La sfida tra francesi e inglesi divenne appassionante e le due navi si superarono a vicenda sino al 1938 quando, detentrice la Queen Mary, la seconda guerra mondiale giunse alle porte. Come già accadde in passato, le grandi ocean liner dovettero trasformarsi in unità di trasporto truppe. La Queen Mary, dopo quasi due anni di sosta a New York a fianco della rivale Normandie, subì una radicale trasformazione, a cominciare dal colore dello scafo dipinto di grigio. Salpata per Sidney, Australia, una volta giunta a destinazione venne ristrutturata in modo da poter accogliere 5.000 uomini invece dei 2.100 passeggeri previsti. La nave trasportò truppe per i cinque continenti arrivando, nel 1943, a battere il record di persone presenti a bordo di una nave: 16.683. Nel corso delle sue missioni tornò a New York e, anche in un periodo tragico come quello della guerra, la vista della città era sempre in grado di dare emozioni, di donare sensazioni indimenticabili, come ha raccontato nel suo diario l'ausiliaria inglese della RAF Jean Train quando, alle 9.30 di mattina del 17 luglio 1944, dal ponte della Queen Mary dipinta di grigio, vide per la prima volta la città dei grattacieli:

"Mano a mano che ci si avvicinava, riuscimmo a distinguere la sagoma della Statua della Libertà. Lentamente, la Statua e i grattacieli presero una forma più definita e New York City si rivelò.
Risalimmo il fiume sino al molo n. 90, dove la nave rimase ormeggiata dal 11.30 sino alle 16.00. Eravamo praticamente di fronte all'Empire State Building e dai binocoli potevamo ossevare il giallo dei taxi, o "cabs" come li chiamano loro, che correvano contromano rispetto al nostro modo di ragionare su e giù per la 42esima strada. Durante la nostra sosta i prigionieri di guerra vennero portati a terra su gommoni dell'esercito."
Il 7 maggio del 1945 cessarono le ostilità e la Queen Mary fu una delle poche navi transoceaniche a riconquistare il prestigio commerciale tornando in mare con i colori della propria compagnia. La forza e la tradizione non erano solo una sensazione che si percepiva guardando la nave. Erano la sua anima. La sua essenza.
L'ammiraglia britannica conobbe negli anni '50 un successo straordinario, trasportando sull'Atlantico celebrità come
Spencer Tracy, Sir Winston Churchill e signora, Greta Garbo, solo per citare qualche nome.
La
Queen Mary non è sopravvissuta solo alla guerra. Tutte le concorrenti dell'epoca sono state smantellate o hanno avuto ancora più sfortuna. La Regina no. Oggi "riposa" a Long Beach, in California, ed è diventata il Queen Mary Hotel, al n. 1126 della Queen's Highway.

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