Old New York City Project


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Ellis Island

Welcome in NY

"Seguendo il sole, lasciammo il vecchio mondo". Con questo motto Luigi Barzini sr., padre dell'omonimo scrittore, lanciò nel 1923 il Corriere d'America, primo quotidiano in lingua italiana stampato a New York.
Quelle parole erano già da tempo nel cuore degli immigrati, il cui primo contatto con l'America avveniva su un'isola a poche miglia da Manhattan,
Ellis Island.
Situata nella zona alta della baia di New York verso la costa del
New Jersey, l'isola prende il nome da Samuel Ellis, un colono di origine gallese che la acquistò nel 1770 aprendovi una taverna considerata punto d'appoggio per marinai di passaggio e pescatori fino a quando, nel 1808, il governo ne acquisì la proprietà per 10.000 dollari.
La destinazione iniziale fu quella di difesa della baia, con la costruzione negli anni che precedettero la guerra contro gli Inglesi del 1812, di
Forte Gibson e di un arsenale di esplosivi.

Fu nel 1890 che il governo federale assunse il controllo dell'immigrazione, stanziando la somma di 75.000 dollari per la costruzione della stazione sull'isola. I circa 21.500 metri quadri di estensione erano però considerati insufficienti e quindi col tempo, sfruttando in gran parte il terreno estratto per la creazione dei tunnel della metropolitana, le dimensioni dell'isola vennero aumentate artificialmente. Questo processo di allargamento della superficie proseguì sino al 1934, quando Ellis Island arrivò a sfiorare i 130.000 metri quadri, sconfinando in gran parte nel territorio del New Jersey. All'apertura ufficiale, avvenuta nel giorno di capodanno del 1892, settecento persone varcarono i cancelli, guidati da un ragazzina irlandese, la quindicenne Annie Moore che stava raggiungendo i suoi due fratelli, passata alla storia come la prima immigrata registrata nell'isola. Oggi la memoria di Annie Moore è onorata da una statua nel museo dell'immigrazione e fa parte della cultura popolare americana al punto da essere stata trasformata in una bambola di successo.

Ad Ellis Island Annie ricevette il saluto formale degli ufficiali e una moneta in oro da dieci dollari. Dopo di lei almeno altri 15 milioni di persone sono transitate sull'isola, sino alla chiusura della stazione avvenuta nel 1954.
Non solo
irlandesi, ma anche tedeschi, russi, austriaci e, ovviamente, italiani (58.687 solo nel periodo dal giugno 1891 al giugno 1892) iniziarono a raggiungere sempre più numerosi gli Stati Uniti.
L'originale costruzione in legno utilizzata come
Casa dell'Immigrato non era certo un esempio di sicurezza e, nel 1897, venne devastata da un incendio che non fece vittime nonostante che al momento dello scoppio delle fiamme ci fossero 200 persone in attesa di registrazione.
Dopo l'incendio la stazione di accoglienza per gli immigrati venne provvisoriamente trasferita nella sede del Barge Office, a
Battery Park sulla terraferma.
L'incarico di ripensare totalmente la stazione sull'isola, dopo una gara bandita in seguito al decreto del 1893, il
Tarnsey Act, che regolamentava le gare d'appalto per l'edilizia pubblica, venne affidato agli architetti William Boring e Edward Lippincott Tilton che la spuntarono su altri tre concorrenti.

Italiani diretti ad Ellis Island ammirano la Statua della Libertà. Copertina della Guida dell'Emigrante, 1902.

I due elaborarono un nuovo progetto unendo lo stile rinascimentale francese a criteri di sicurezza e antincendio all'avanguardia per l'epoca, tanto da valergli la medaglia d'oro per il design edilizio all'Esposizione Universale di Parigi del 1900.
I mattoni rossi, l'ingresso a triplo arco che evolve nel secondo piano, le finiture in pietra calcarea e granito, il tetto in rame verde, le torri con decorazioni in terracotta, sono gli elementi che donarono all'edificio una bellezza quasi frivola, in pieno contrasto con quella che era l'anima dell'isola, l'ultima barriera, fatta a volte di delusione e disperazione, da superare prima di raggiungere il traguardo.
Gli architetti avevano studiato all'
Accademia delle Belle Arti di Francia e questo aveva influenzato il loro stile. Uno sguardo più attento alla struttura evidenzia però come l'estetica appariscente avesse una sua precisa funzione.
La scelta dei colori e il contrasto cromatico offerto dagli ornamenti bianchi mettevano in risalto i dettagli della costruzione, rendendo la stazione facilmente visibile
a grande distanza, scelta questa rivelatasi quanto mai appropriata per un'isola situata in un porto sempre molto affollato di imbarcazioni di ogni specie.
Quello dell'affollamento, in questo caso di individui, era un elemento da considerare anche per gli interni della stazione, strutturati in modo da ridurre al massimo i problemi di circolazione della massa degli immigrati. Anche se
Ellis Island non fu la prima zona di accoglienza per gli immigrati (dal 1855 al 1890 la sede deputata era Castle Clinton a Battery Park), fu certamente la più importante. L'afflusso era sempre crescente, e proliferavano anche le attività commerciali tra Italia e USA, come quella dell'esportazione di frutta. Nel 1907, anno record per la struttura, varcarono i cancelli oltre un miilione di persone con il picco 11.747 nel solo giorno del 7 aprile e la stazione venne ristrutturata con l'apertura di nuove ali e l'aggiunta di un terzo piano all'edificio principale. I segni di un primo declino arrivarono con la Grande Guerra, quando la stazione venne parzialmente trasformata in ospedale militare e zona di transito per ufficiali, registrando un crollo delle immigrazioni.

In quello stesso periodo, nel luglio del 1916, in seguito all'esplosione avvenuta sulla vicina isola di Black Tom, la stazione subì danni stimati allora in 400.000 dollari. In seguito a questi eventi la grandiosa sala di registrazione, la Great Hall, venne ristrutturata e interamente rivestita di mattonelle in terracotta opera della ditta Guastavino, fondata nel 1889 dall'architetto Rafael Guastavino, la cui attività proseguì ad opera dell'omonimo figlio. Il sistema di mattonelle ad arco è diventata una delle caratteristiche degli interni di molte strutture di New York tra cui il Museo di Storia Naturale, la Tomba di Grant, l' Oyster Bar della Grand Central Station e la cattedrale di Saint John the Divine.

Ad oggi, a conferma della qualità del lavoro dei fratelli, delle 28.282 mattonelle applicate, solamente 17 sono state sostituite.
La fine della guerra fece registrare un nuovo boom di presenze ma il destino della struttura e della sua frenetica attività stava per cambiare.
Nel 1924, in seguito alla delibera del
Congresso che stabilì il controllo degli immigrati da parte del paese d'origine e l'individuazione di quote annuali d'ingresso (all'Italia spettarono 5.800 unità, all'Irlanda 17.000, all'Inghilterra 7.000 e alla Russia 2.700) il flusso diminuì notevolmente. Quell'anno solo 164.000 immigrati transitarono dall'isola, cifra lontanissima dai record degli inizi del secolo e qualche anno dopo, in coincidenza con la Grande Depressione economica del 1929, le cifre diminuirono ulteriormente.
La stazione rimase in funzione per molto tempo ancora, sino a quando, nel novembre del 1954, il marinaio norvegese
Arne Petersen fu rilasciato sulla parola e imbarcato sul battello per Battery Park.
Il giorno 11 di quello stesso mese in due stadi di New York City, il
Polo Grounds nella zona nord di Manhattan e l'Ebbet Fields di Brooklyn, si tenne una cerimonia durante la quale 16.000 immigrati divennero cittadini americani.
Durante il suo discorso il procuratore distrettuale
Herbert Brownell Jr. annunciò le nuove procedure d'immigrazione che avrebbero ampliato i controlli preventivi e ridotto le possibilità di trattenimento prima dell'ammissione.
Una settimana dopo, il 19 novembre, sarebbe partita l'ultima corsa ufficiale del traghetto da
Ellis Island a Manhattan. Caduta nel dimenticatoio, dopo anni di degrado e vandalismi, l'isola è stata restaurata negli Anni 90 ed oggi è Museo dell'Immigrazione.

La Sala di Registrazione

Il cuore dell'edificio era la sala di registrazione, l'ultima barriera da superare per chi, dopo aver seguito il sole, voleva entrare nel nuovo mondo.
Nei piani originali era stata disegnata per registrare dai 5.000 agli 8.000 immigrati al giorno, in un tempo variabile dalle tre alle sette ore a seconda delle circostanze. In realtà vennero affrontate situazioni molto più onerose, arrivando anche a punte di circa 12.000 registrazioni, con i disagi che ne conseguirono. Gli immigrati, che viaggiavano tutti in sistemazioni di
terza classe, non sempre sbarcavano nei Piers di Manhattan. Nella maggioranza dei casi venivano prelevati dalle navi transoceaniche che sostavano appositamente in rada per consentire il loro trasporto a bordo di chiatte sull'isola (QuickTime video/mp4). I passeggeri della prima e seconda classe invece sbarcavano regolarmente nel porto di New York.

Gli immigrati, una volta entrati nell'edificio, salivano le scale per raggiungere il secondo piano, dove venivano pre-esaminati in una manciata di secondi, di media sei per l'esattezza.
Le dimensioni della sala suscitavano impressione: 58 metri di lunghezza per 31 di larghezza e un soffitto alto oltre 18 metri. Le visite mediche iniziavano già sui gradini. I dottori attendevano in cima e controllavano respirazione, postura, condizione fisica generale. Anche il modo in cui si salivano le scale costituiva di per sè un elemento di valutazione.
Manifestazioni di debolezza, difficoltà dovute all'età, potevano rendere necessari ulteriori controlli. A chi non passava la prima visita veniva apposto con il gesso un simbolo che ne identificava la possibile malattia: una
H per i malati di cuore (heart), CT per il tracoma (infiammazione dell'occhio molto contagiosa che veniva controllata in maniera brusca, rigirando le palbebre a mani nude o usando uno strumento sartoriale per fare le asole), via via sino alla lettera X cerchiata che indicava la malattia mentale.
Non era così raro che qualcuno, appena ne aveva l'occasione, rivoltava la giacca contrassegnata e se la rinfilava, rientrando così nel gruppo degli ammessi.
Quando la situazione generale era poco chiara, non solo sotto l'aspetto sanitario, sull'abito veniva apposta la sigla
SI (special inquiry) che significava doversi sottoporre ad alcune domande da parte degli ispettori in una stanza dedicata. E qui, spesso per pura ingenuità, crollarono molte speranze o, quantomeno, nascevano delle difficoltà.

La grande sala vista dal secondo piano. Cartolina degli Anni 20.

Immigrati in attesa prima delle visite. Courtesy of the Library of Congress.

Uno degli uffici della sala di registrazione di EllisIsland, cartolina spedita nel 1925.

La famiglia Mittelstadt, sbarcata dalla S.S. Pretoria nel 1905.

Tra le domande più insidiose per gli aspiranti americani ce ne erano due solo apparentemente semplici. La prima era: "Hai già un lavoro che ti aspetta?" e l'altra "Chi ti ha pagato il biglietto?'". Rispondere con sincerità poteva significare tornare indietro e per molti poveri immigrati finì proprio così.
Chi aveva infatti stipulato un
contratto di lavoro nel suo paese a tariffe da sfruttamento in cambio del biglietto per la nave lo aveva fatto sì consenzientemente, ignorando però che tale pratica era illegale negli Stati Uniti.
Gli ufficiali addetti avevano un preciso mandato, quello di impedire che entrassero in
America pregiudicati, malati di mente, indigenti, ritardati mentali, chi soffriva di malattie contagiose, persone ritenute potenziali criminali, i poligami e quelli che si trovavano nella situazione di lavoro sopra descritta.
Un'altra circostanza particolare era quella delle ragazze sole. La legge americana non consentiva loro di raggiungere la terraferma senza un parente che le accompagnasse.
Quando dichiaravano che sarebbero state raggiunte dal fidanzato, erano obbligate ad attenderlo sull'isola, anche per giorni e giorni.
Poi, a scanso di equivoci e possibili imbrogli, gli ufficiali organizzavano il
matrimonio sull'isola prima di raggiungere Manhattan.
A leggere le statistiche solo il 2% di chi arrivava ad
Ellis island veniva rispedito indietro ma questo, nei periodi di maggior afflusso, poteva significare in termini numerici la fine di un sogno per migliaia di persone al mese.
L'edificio principale della stazione comprendeva uffici amministrativi, un deposito bagagli, biglietteria ferroviaria e postazione telegrafica, cambiavalute e un dormitorio con 600 letti, mensa, cucina e docce.
Finite le ispezioni, gli immigrati erano indirizzati nella parte centrale della
Great Hall, una sorta di labirinto di passaggi ed inferriate che divideva l'intero piano. Arrivati quel punto, tra la confusione di lingue, le storpiature dei cognomi, le domande a raffica sulle generalità, un altro passo importante verso l'America era stato fatto.
Nel corso degli anni vennero aggiunte altre normative che restrinsero le possibilità di accesso negli USA, tra cui, nel 1917, quella di una
prova di alfabetismo. In poche parole, dall'età di sedici anni in su bisognava saper leggere un brano di almeno 40 parole nella lingua natia. E la lettura prescelta era quasi sempre un passo della Bibbia.

Questa famiglia irlandese sta guardando Manhattan dall'isola di Ellis Island. Il sogno americano è a un passo.

L'America!

Per chi non veniva trattenuto in ospedale o - peggio - in prigione, l'atto finale della trafila era la discesa delle "scale della separazione", cosiddette perché rappresentavano il primo passo verso l'allontamento di familiari e amici diretti a destinazioni differenti, dopo che, fino a quel momento, avevano condiviso insieme speranze e sofferenze. Nonostante le difficoltà, a volte le umiliazioni, quell'edificio ha visto transitare uomini che hanno fatto grande New York City, che non sarebbe mai diventata quella che è senza la forza delle braccia delle migliaia di lavoratori, italiani e irlandesi in particolar modo, che contribuirono alla costruzione di quei grattacieli, di quei ponti, della fantastica metropolitana. Da lì, da quel labirinto di inferriate, sono usciti anche personaggi che hanno reso celebre l'America nel mondo. Il regista Frank Capra, il pianista Arthur Rubinstein, il musicista Irving Berlin, ma anche, ammesso che di celebrità si possa parlare, i boss mafiosi Frank Costello e Charles "Lucky" Luciano, hanno tutti calpestato il pavimento della Great Hall.

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